All'inizio: marzo-aprile 2004


Come mi è venuta l’idea di scrivere un blog

1 Marzo 2004

L’idea di scrivere anche io un blog mi è venuta qualche mese fa. Pensavo fosse una cosa un po’ complicata, invece… è stato semplicissimo. Anche da un punto di vista grafico… il blog di tiscali mi è sembrato bellino.
Mi piace l’idea di un blog. Mi sembra uno spazio di libertà, dove le idee, le più varie, le più interessanti, le più semplici… possono circolare. Non penso certo di fare un blog pubblico… ma credo in uno spazio dove chi vuole, tra gli amici, possa trovare qualche traccia di me. Non posso garantire la fedeltà quotidiana del mio blog. Scriverò quando ne avrò voglia. Quando avrò qualcosa da dire. Quando mi piacerà. Dirò io a chi voglio che esiste questo blog. Qualcuno potrà anche scoprirlo da solo, e non mi dispiacerà.
C’è un’altra ragione per la quale ho deciso di scrivere un blog. Mi sembra infatti che un blog ci costringa ad uscire finalmente dall’anonimato della rete (per questo motivo ho inserito una mia foto appena scattata) per assumersi la responsabilità in prima persona delle proprie idee.
Ho iniziato. La prima cosa era infatti rompere il ghiaccio. Per il momento non ho ancora alcun lettore, ma tra qualche giorno… forse.
Se qualcuno poi vorrà commentare i miei post… tanto meglio.

«Tra virgolette»

4 Marzo 2004
Ieri ho avuto un colloquio con una persona che viene ogni tanto a trovarmi. Parlavamo di molte cose interessanti, soprattutto di argomenti inerenti alle scienze dell’educazione. Tuttavia, ad un certo punto, la mia attenzione è stata messa a dura prova. Infatti mi sono accorto che il mio interlocutore utilizzava spessissimo (quasi ad ogni frase), come intercalare, la frasetta: “tra virgolette”. Trovavo molto buffo questo mettere – verbalmente – tra virgolette tante parole comuni. Tuttavia la disattenzione è stata parziale, e il colloquio interessantissimo.
Mi sono fermato poi a pensare agli intercalari che utilizziamo, ma non sono riuscito ancora a isolare i miei più frequenti. Infatti credo che il nostro “intercalare” (tra virgolette) dica molto di noi. E’ una piccola traccia che diamo all’altro di quanto passa nella nostra testa e nel nostro cuore. E, probabilmente, non ce ne accorgiamo.

La ballata di Lazy Boy

5 Marzo 2004
A volte è un profumo o un odore intenso. Altre volte è una canzone che non sentivamo più da molti anni. Oppure una fotografia che ricompare da una vecchia agenda, o un foglietto di appunti scritti a mano ritrovato in un cassetto. Allora, come per incanto, la memoria si apre ai ricordi, e capita di rivivere emozioni e sensazioni dimenticate. Ricompaiono così a noi stessi le nostre tracce, che credevamo disperse al vento.
E’ quanto mi è capitato ultimamente. Dai ricordi affiorava una canzone, cantata infinite volte durante i campeggi estivi a S.Anna a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Una canzone da allora mai più cantata o sentita, eppure ancora vivissima nella mia memoria. Grazie al sito filastrocche.it riesco a recuperare il testo: non mi sembra vero! Ai miei occhi ricompare un eroe dei tempi passati, di quelli nei quali capitan Harlock dominava incontrastato, lasciando tuttavia spazio ad eroi minori e un po’ più ridicoli. Eccolo qua, dunque, Lazy Boy. Si riapre una pagina bella, come un filmino 8 mm, del mio passato.
Ma non finisce qui. Potenza della rete che, pur essendo giovane, grazie al contributo di tanti ha ormai anche un passato glorioso da mantenere vivo. Infatti, dopo vari tentativi, riesco a scaricare in un mp3 la canzone originale – di cui non sapevo l’esistenza – de “La ballata di Lazy Boy”, cantata nientemeno che dal Quartetto Cetra.
E’ bastata una traccia nella memoria per recuperare un brandello, leggero e divertente, del passato.
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La ballata di Lazy Boy
C?è una stella bianca
che splende su nel ciel,
guardando solitaria
i pascoli del Far West.
E? la grande stella
del vecchio Texas:
la stella del cow-boy!
Nell?ottantasette
brillando su Fort Joy,
guardò venire al mondo
il piccolo Lazy Boy.
Così comincia
la lunga storia
di un pallido cow-boy!
Un dì la mamma gli disse:« Va!?
ma resta un bravo cow-boy!
La tromba un giorno ti chiamerà:
Gabriele la suonerà ! »
Cow-boy! Cow-boy! Cow-boy!
«Lazy» vuol dire «pigro»
ma il nostro Lazy Boy
non era certo pigro
lontano da Fort Joy?
E un brutto giorno
conobbe Jessie,
conbbe la sua «Colt»!
Cominciò a sparare
ai sassi, sulla via,
poi preferì i cavalli
e infine la ferrovia?
Ai passeggeri
bucò i sombreri
rubò pepite d?or!
Un dì la mamma gli disse:« Va!?
ma resta un bravo cow-boy!
La tromba un giorno ti chiamerà:
Gabriele la suonerà ! »
Cow-boy! Cow-boy! Cow-boy!
Tutti gli sceriffi
cercavan Lazy Boy:
la taglia era grossa,
piaceva al sergente Roy?
Ma ad una spanna
trovò la canna
del pallido cow-boy!
Stava per sparare
il nostro Lazy Boy,
ma udì dalla Missione
un coro di «Little Boys»:
« Oh Lord! Oh glory!
Oh Alleluja»;
? e il colpo non partì!
Un dì la mamma gli disse:« Va!?
ma resta un bravo cow-boy!
La tromba un giorno ti chiamerà:
Gabriele la suonerà ! »
Cow-boy! Cow-boy! Cow-boy!
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Grazie a Jolanda e a www.filastrocche.it

Se la domenica fosse di giovedì

7 Marzo 2004
Poco alla volta mi sto affezionando al mio blog. Mi piace questo spazio aperto nel quale annotare qualche “traccia” di me. Ieri ho saltato l’appuntamento, ma sono stato a Firenze tutto il giorno (sveglia alle 5.30, rientro a casa alle 22.30) e dunque non ho potuto scrivere nulla.
Oggi era ugualmente a rischio: è domenica, il giorno della settimana per me, paradossalmente, da sempre più malinconico.
Non saprei dire esattamente il perché, ma soprattutto il pomeriggio domenicale mi intristisce. Ne ricordo in particolare alcuni interminabili, di solitudine, con la radiocronaca delle partite a fare da colonna sonora.
Il mio giorno preferito è invece il giovedì. Ha tanti vantaggi: è una sosta – a metà settimana – dopo le fatica dei primi giorni, e prima dell’accelerazione finale del venerdì e del sabato. E’ il giorno ideale per fare tutte le cose che mi piacciono. Ma in fondo il piacere del giovedì è al di là di queste cose. E’ un benessere intrinseco che nasce dal semplice fatto di essere giovedì. Mi sveglio più contento, con maggiori energie, con una visione più ottimistica delle cose.
Per questo oggi pomeriggio a un certo punto ho dato una svolta e ho fatto finta che fosse giovedì. Può sembrare strano, ma da quel momento sono stato molto meglio.

Le regole del blog

8 Marzo 2004
Un blog ha regole ferree: se manchi di scrivere un giorno non lo puoi recuperare, il calendario va avanti inesorabilmente. In questo il blog è spietato come il tempo: quando passa è perduto per sempre e nessuno può rivivere i giorni perduti. D’altra parte secondo le regole del blog puoi decidere di cancellare o modificare quanto hai scritto nel passato. Questo nella vita in realtà non succede. Sarebbe apparentemente bello, ma in fondo è meglio non avere nessun potere sul nostro passato. Bello, brutto, fastidioso, evocativo… il passato è lì, e fa parte di noi. Un potere verso di esso, in qualche modo ci rimane: sta nel modo di accostarlo, nello sguardo con cui possiamo sempre rileggere, in modo nuovo gli eventi.
Queste sono le prime due regole del blog che ho imparato. Così oggi sono riuscito a non perdere questo giorno.

I cani abbaiano e la carovana passa

9 Marzo 2004
Così dice un bel proverbio che mi è stato segnalato qualche tempo fa da Michele. Da allora mi ritorna spesso in mente quando mi trovo ad affrontare situazioni – come in questi giorni – nelle quali qualcuno, in genere a sproposito e senza conoscere i fatti, critica alcune mie scelte. Solitamente la cosa che mi spiace di più non è tanto la critica in sè. Credo infatti che si possa sempre imparare dagli altri e che la critica sia un elemento importante per la crescita personale (prossimamente vorrei proprio parlare sul blog dell’”Arte della critica”). Mi dispiace molto, invece, quando la critica non è diretta, franca, fatta faccia a faccia, ma occulta e subdola, con l’intento di colpire: una raffinata forma di sopruso. Tra l’altro in questi casi se la critica è sbagliata, non si può chiarire la situazione, se è giusta… è più difficile accoglierla, perché fa scattare in noi l’istinto di sopravvivenza che ci porta a difenderci.
Credo fermamente che la franchezza e la lealtà siano fondamentali nei rapporti umani, e che ognuno di noi debba assumersi la responsabilità di quanto pensa nei confronti degli altri senza nascondersi dietro un pettegolezzo o una maldicenza. E’ una responsabilità che a volte può portare a tacere, ma non può mai giustificare la slealtà.
Sull’argomento, su uno degli ultimi numeri di Città Nuova, c’è un bell’articolo che spiega come reagire alle “maldicenze”. Ve lo segnalo, perché è molto interessante, e perché lo condivido in pieno.
http://www.cittanuova.it/art_ul01.asp?ID=11459
Riferimenti: A proposito di maldicenze

L’arte della critica

9 Marzo 2004
Visto che ci sono… riprendo subito il discorso iniziato nel post precedente sulla critica (I cani abbaiano e la carovana passa).
Le idee non sono mie, sono tratte da Goleman e dal suo libro “L’intelligenza emotiva”, ma fanno parte del mio “archivio” personale.
Un caso particolare di comunicazione e di risposta è la protesta e la critica, ovvero tutte quelle comunicazioni nelle quali ci sembra importante esprimere all?altro il proprio disappunto.
Goleman suggerisce quattro regole per esprimere una critica costruttiva:
1. Essere specifici: concentrarsi sulle cose specifiche, dire cosa è stato fatto bene, cosa è stato fatto male e cosa si potrebbe fare per migliorare, secondo il metodo ?xyz? : «Quando hai fatto x, mi hai fatto sentire y, mentre avrei preferito che facessi z».
2. Offrire una soluzione: la critica, come ogni positivo feed-back, deve indicare un modo per risolvere il problema, altrimenti crea soltanto frustrazione, demoralizzazione o demotivazione in chi la riceva. La critica, infatti, può presentare possibilità e alternative che la persona interpellata non si rendeva neanche conto che esistessero.
3. Essere presenti: la critica, come anche l?elogio, è più efficace quando è comunicata in privato, faccia a faccia, anche per offrire alla persona criticata la possibilità di rispondere o di chiedere un chiarimento.
4. Essere sensibili: anche in questo caso è importantissima l?empatia, essere in sintonia con l?altro e percepire l?impatto che ciò che si dice gli crea.
Goleman offre anche alcuni suggerimenti per saper ricevere le critiche: «considerarle non alla stregua di un attacco personale, ma come preziose istruzioni per migliorare. Guardarsi dalla tentazione di mettersi sulla difensiva, invece di assumersi le proprie responsabilità. Pensare alle critiche non come a una situazione di conflitto, ma come a un?opportunità per cooperare con chi le muove, al fine di risolvere il problema».

Il mondo di Elvio

10 Marzo 2004
Confesso che ieri pomeriggio, quando Elvio è arrivato, sono stato ben contento che in casa ci fosse Felice. Il fatto è che Elvio è una di quelle persone capaci di parlare (di cose interessanti) per ore e ore di fila, e ciò significa cambiare programmi per il pomeriggio. Ma ad un certo momento sono stato “punito” per questo pensiero… così ho sentito il passo di Elvio avvicinarsi al mio studio. Ho avuto la tentazione di non farmi trovare, è vero. Ma Elvio è stato più veloce, è entrato da me, ha chiuso la porta e si è seduto. Ero in trappola, non c’era più nulla da fare. Così ho deciso di ascoltarlo non semplicemente per forza, ma “quasi” volentieri. Come altre volte, Elvio mi ha aperto il suo mondo. Il suo modo di pensare è piuttosto apoditico (questo è giusto, questo è sbagliato), ma ha una sua logica e, soprattutto, per ogni questione ritenuta “sbagliata”, ha pronta una alternativa, “giusta”. Il discorso ha spaziato dalla teologia (con la proposta di una nuova versione di “Ave Maria” e “Angelo di Dio” che sostituisca le attuali), alla letteratura (“La Divina Commedia è sbagliata”), ai problemi sociali (“le carceri sono sbagliate: ci sono tante isole nel mondo, bisogna dividere i detenuti in categorie e mandarli nelle varie isole, dandogli tutto il necessario”). Le intenzioni erano buone, le prospettive dell’utopia di Elvio, invece, mi parevano un po’ ingenue e dai risvolti talvolta inquietanti. Però, dopotutto, è stato un piacere ascoltarlo. Tre le altre cose mi sono reso conto che anch’io a volte sono apodittico nel mio modo di parlare, che tendo a dividere il mondo tra buoni e cattivi, che mi costruisco anch’io le mie utopie un po’ strane. Ma Elvio è una brava persona, per cui il suo tratto gentile alla fine prevale su tutti gli inconvenienti, e la sua realtà è molto meglio delle sue utopie.
Ad un certo punto ha suonato il campanello: erano i Fattori. Sono stati loro i salvatori della mia serata. Ma dei Fattori dovrò parlare un’altra volta.

La dieta

11 Marzo 2004

Da più di un mese, ormai, sto facendo una dieta molto rigida. A causa di una serie di intolleranze alimentari che mi sono state riscontrate, per quattro mesi circa non posso mangiare alimenti che contengono grano, latte, lievito naturale, pollo, mele, pomodori, melanzane e peperoni, insieme a tutta una serie di altri cibi correlati. Naturalmente mi sono stati indicati dei cibi sostitutivi, così ho scoperto che esiste un tipo di grano, il kamut, che per circa tremila anni non è stato più coltivato e che ora è di nuovo in produzione: essendo più antico, è molto più semplice da un punto di vista genetico rispetto al grano che mangiamo abitualmente. Da principio pensavo che una dieta di questo tipo mi sarebbe costata, in quanto devo eliminare cibi per me fondamentali come il pane, il formaggio e… i dolci. Invece la dieta mi piace molto: mangio di meno, in modo più regolare, cibi semplici, quasi uno per volta, cotti in modo molto naturale, e soprattutto li gusto molto di più. Ho imparato a leggere le etichette dei vari alimenti e ho scoperto che anche quelli che noi riteniamo cibi naturali o semplici, spesso contengono molti altri componenti che ignoriamo (conservanti, coloranti, addittivi vari, proteine del latte aggiunte a una infinità di preparati…). Ho scoperto che si può – senza troppo sforzo – riprendere in mano la propria alimentazione e decidere noi cosa vogliamo mangiare, cosa ci piace, e cosa ci fa bene, riprendendoci il nostro diritto di fare la dieta che più ci piace.

Tracce di mondi sommersi

12 Marzo 2004
Il titolo di questo blog è “In cerca di tracce”, perché mi interessa trovare tracce di mondi apparentemente sommersi, dentro e fuori di me. Al di là delle cose scontate e ovvie, infatti, accadono attorno a noi fatti insoliti e interessanti, che parlano di un modo diverso nel quale si può vivere.
Un fatto mi è capitato diverse settimane fa alla stazione Termini. Tornavo da una giornata di studio molto impegnativa, stanco morto. Avevo un po’ di tempo tra un treno e l’altro e così sono sceso verso la grande libreria della stazione. Gli altoparlanti in quel momento trasmettevano una bella canzone di Riccardo Cocciante. Mi sono così “risvegliato” dal mio torpore, e la canzone ha evocato dentro di me alcuni ricordi piacevoli. Mi è venuto spontaneo, in quel contesto anonimo che è una stazione… mettermi a cantare la canzone. In quello stesso istante, mi sono accorto che due ragazze dietro di me di pochi passi, stavano facendo lo stesso, e subito un giovane, mi è venuto incontro ugualmente cantando la stessa canzone. Mi sembrava di essere dentro un film… ma soprattutto mi sono sentito inspiegabilmente legato a questi sconosciuti per il potere che ha una canzone di toccare qualcosa di profondo e non convenzionale, dentro di noi.

Rottamopoli

12 Marzo 2004
Ogni tanto da quell’immenso HD che è il nostro cervello, mi salta fuori un ricordo del passato. Quando si tratta di un’idea precisa (di una canzone, un personaggio, un libro, un film, una musica), provo a digitare la parola chiave su google o su emule. Così capita (come per la ballata di Lazy Boy) che qualcosa di dimenticato riprenda forma. E’ un’operazione molto interessante, che dimostra come la rete stia recuperando nel suo magazzino anche gli anni in cui non esisteva, diventando in qualche modo sempre più “antica”. Capita però che qualche ricerca non abbia buon fine, e che qualcosa rimanga inevitabilmente nel ricordo, sulla soglia di una nuova realtà. Così, mentre sono riuscito a trovare notizie abbastanza dettagliate sullo sceneggiato “I sopravvissuti” (storia di una epidemia che distrugge l’umanità e costringe i pochi rimasti, tra guerre fratricide, a imparare di nuovo a vivere a prescindere da elettricità, teconologia ecc.), non riesco assolutamente a trovare notizie di due serie di telefilm che mi hanno appassionato tra il 1980 e 81. La prima è “Anna giorno dopo giorno”, di produzione francese, che andava in onda tutti i giorni e raccontava le vicende, per l’appunto, di Anna, cresciuta in Inghilterra, ma con il padre francese. La seconda serie, tedesca, è “Rottamopoli”, avventure di un gruppo di ragazzi che trasformano una discarica in una città a loro misura, dove sono banditi gli adulti: un sogno affascinante che si realizzava.

Gli angeli esistono?

13 Marzo 2004

Io credo di sì. E credo anche di averne incontrato qualcuno, ogni tanto.
Molti anni fa mi è successo uno di questi fatti.
Mi trovavo a Roma nel mese di febbraio, durante la sessione di esami all’università. Dopo aver sostenuto uno degli esami, un giorno mi sono preso alcune ore di libertà in una bellissima giornata di sole (febbraio a Roma è un mese molto bello, le giornate si allungano e ogni tanto un po’ di tepore anticipa l’arrivo della primavera). L’esame era andato bene ed ero contento. Mi trovavo nei pressi di Santa Maria Maggiore quando ho visto un povero che chiedeva l’elemosina. Mi sono avvicinato e gli ho dato qualcosa. Il povero, molto contento, mi ha guardato e mi ha detto: «Ti auguro di prendere bei voti a tutti gli esami!». Il suo augurio per niente convenzionale, a me che in quei giorni davo proprio gli esami, mi ha molto colpito. Ho continuato quella giornata tiepida di febbraio sentendo quel tepore e quella luce dentro di me. Naturalmente gli esami sono andati tutti bene e ho preso in tutti bei voti.
Io penso, a volte, che quest’uomo fosse davvero un angelo.

Un primo bilancio sul mio blog

14 Marzo 2004
Ho iniziato a scrivere il mio blog il 1 marzo, non immaginando bene come sarebbe andata. Non avevo previsto, per esempio, che il mio blog avrebbe avuto una visibilità – attraverso l’home page di tiscali blog – al di là del passaparola che pensavo di fare tra gli amici. Così mi ha colpito positivamente ricevere commenti ai miei post da persone estranee “al mio giro”.
Scrivere ogni giorno è ormai un piacere e un’esigenza.
Mi piace la modalità leggera del blog, non impositiva, che riporta la parola e la scrittura al centro della rete. Certo, una parola incisiva, breve, magari accompagnata da una bella immagine (come ho cercato di fare negli ultimi giorni), ma pur sempre parola.
Il blog, più che una qualsiasi pagina web anche personale, spinge a comunicare qualcosa di intimo, a uscire dall’anonimato, a esprimere cose che a volte non si riesce a dire neanche agli amici e alle persone vicine, soprattutto perché manca il tempo.
Vivo il blog come una sosta quotidiana che prima di tutto è bella per me, ma che diventa immediatamente un arco teso a chiunque voglia ascoltare. Liberamente, piacevolmente, leggermente, senza costrizioni.
Sto scoprendo così che la rete può diventare un luogo di incontro e favorire l’amicizia con “antiche” e “nuove” persone.
P.S.
(L’operazione che ho fatto oggi è di meta-comunicazione, ovvero una comunicazione sulla comunicazione, in questo caso sul blog. Mi interessa farlo perché scrivo il blog anche come esperimento comunicativo. Ogni tanto dedicherò un blog a questo tipo di riflessione).

La guerra infinita

14 Marzo 2004

Dopo i fatti di Madrid ho provato un forte senso si sgomento. Cosa sta realmente succedendo nel mondo? Le dirette televisive, gli approfondimenti sui giornali più prestigiosi mi lasciano del tutto insoddisfatto. Solo raramente riesco a trovare qualche risposta alle mille domande che mi faccio, mentre l’impressione che ricevo è quella di una grande omologazione e superficialità. In questo momento sono aperti nel mondo scenari inquietanti, si fronteggiano modi opposti di intendere la vita umana. Il mondo occidentale, nella maggioranza, tenta una esagerata semplificazione di sapore manicheo, indicando con falsa certezza quale sia il bene e quale il male. Le cose mi sembrano molto più complicate… Sto cercando sulla rete una lettura degli eventi più profonda, più vera, che non abbia paura di mettere il dito nella piaga.
In questo bisogno di capire ho ripreso in mano un libro letto due anni fa, dopo l’11 settembre. A suo tempo è stata una lettura illuminante. Parlo del libro di Giulietto Chiesa “La guerra infinita” (edito da Feltrinelli) che, più di un anno prima, con rara capacità di previsione, indicava chiaramente come l’Iraq sarebbe stato l’obiettivo successivo degli USA.
Ho ricominciato a leggere il libro e ne scopro dopo due anni l’attualità, l’incisività, il tentativo onesto e coraggioso di andare dietro le apparenze.
Spero di trovare sulla rete la possibilità di una informazione di questo tipo. Occorre aprire gli occhi e aprirgli ai nostri amici. Solo dalla consapevolezza del momento che viviamo può nascere una decisa e irrevocabile scelta della pace, in tutte le sue espressioni, come orizzonte assoluto di riferimento.

L’uomo che piantava gli alberi

15 Marzo 2004

Da circa un anno ho scoperto un piccolo libretto che da allora tengo praticamente sempre con me. Calcolo in questi dodici mesi di averne regalato almeno una quindicina di copie. Mi capita ogni tanto: leggo un libro è trovo con esso una sintonia totale, così che il libro diventa in qualche modo parte di me. Allora periodicamente lo riprendo in mano e lo rileggo, senza mai stancarmi, e poco a poco il libro entra nella mia memoria e nella mia fantasia. La storia di Elzéard Bouffier, raccontata in una quarantina di pagine da Jean Giono, è una di queste. Non anticipo nulla del racconto per non rovinare a nessuno la sorpresa. Il libro è edito da Salani, e costa soltanto cinque euro e venti centesimi.
Del libro esiste anche un cortometraggio animato, che alla fine degli anni ottanta ha vinto l’oscar nella sua categoria. Non saprei dire se è più bello il libro o il film… per me ormai vanno insieme.
Nella quarta di copertina della mia edizione c’è un brano del libro che ne è in qualche modo il cuore.
Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a far uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole

Oggi pausa

16 Marzo 2004
Oggi non riesco a scrivere niente di particolare. Ma sono ormai così affezionato al blog che ho deciso di scrivere che non scriverò niente di particolare. Il motivo è semplice: non ho trovato il tempo, come avrei voluto. Ma domani è un altro giorno.

I giostranti

17 Marzo 2004

Circa due mesi fa un pomeriggio qualcuno ha suonato al campanello. Si trattava di due giovani donne con tre bambini. Chiedevano aiuto per la bambina più piccola – di circa tre anni – che in effetti si presentava in condizioni piuttosto precarie. Dal primo momento sono rimasto molto colpito dai bambini, molto semplici e simpatici. Non avevo molto da dargli, e ho promesso di preparare un po’ di materiale scolastico per la settimana successiva. Intanto ho regalato una squadretta (!) e alcuni quaderni ai bambini più grandi (7 e 9 anni): erano contentissimi, come se gli avessi fatto un grande regalo. Quando sono andati via, si giravano di continuo per salutarmi da lontano con la mano.
La settimana successiva ho preparato due cartelle piene di materiale vario per la scuola. Ho iniziato così a scoprire qualcosa di più dei miei nuovi amici. I bambini si chiamano Joselito (II elementare), Elison (I elementare) e Sara. Elison ha sempre un cappellino di lana in testa. Le due donne durante l’inverno vendono fiori, mentre d’estate una delle due (sono sorelle) va in giro col marito e i tre figli con una giostra per bambini alle varie feste paesane. Ho deciso così di comprare alcuni fiori. Abbiamo iniziato a vederci tutte le settimane. Ho fatto girare la voce e sono riuscito a procurare vestiti e giocattoli per i bambini (anche per i due cugini che non ho ancora conosciuto). Di volta in volta l’amicizia è cresciuta, tanto che la penultima volta… mi hanno fatto lo sconto sui fiori. I bambini sono sempre molto allegri. Vivono in un campo nomadi – sono però tutti italiani – una famiglia in un pullman adibito a casa, l’altra in una baracca di legno. E’ stata una cosa nuova, per me, scoprire dei nomadi italiani, in tali condizioni di povertà. Gente buona, semplice. Qualche giorno fa di nuovo qualcuno suona al campanello. Avevo visto un camioncino arrivare e pensavo si trattasse dei miei amici Fattori, i muratori (di cui parlerò presto). Apro la porta e, con mia sorpresa, trovo Joselito. Molto contento mi presenta suo padre: ancora non ci conoscevamo e Joselito faceva gli onori di casa. Il padre di Joselito durante l’inverno raccoglie ferro e fa piccoli traslochi. Ora si può dire che c’è una certa confidenza tra noi. Mi hanno invitato al campo e presto andrò a trovarli e a vedere da vicino la giostra che, in letargo, attende di risvegliarsi con la buona stagione.

Antropologia degli isolani

18 Marzo 2004

Sono nato in Sardegna nel 1967. Ho vissuto “fuori” dall’isola tra il 1986 e il 1989, poi tra il 1991 e il 1994 e ora, ininterrottamente, dal 1995. In tutti questi anni spesse volte ho osservato dentro di me alcune dimensioni molto profonde (in qualche modo ancestrali, che vengono fuori quasi come un istinto) che mi hanno convinto del fatto che esistono delle caratteristiche comuni a chi vive in un’isola. Un fatto, per esempio, è quello dei confini: per una persona che vive in un’isola esiste una sorta di sistema binario: o sei dentro o sei fuori. Chi vive altrove, in terre che sono in continuità con altre, non si rende conto di questo fatto, perché esiste una sorta di “sfumatura” tra la propria terra e le altre. Tuttavia, questo fatto non significa che un isolano debba per forza di cose dare confini a tutto: la realtà dei confini netti va infatti messa insieme con il largo orizzonte rappresentato dal mare. Ogni abitante in un’isola ha davanti a sé il mare e intrattiene con esso un rapporto unico: il mare è amico ma allo stesso tempo sconosciuto, una realtà in qualche modo da varcare.
Ci sono poi differenze anche all’interno di un’isola tra quelli che abitano ad est, dove sorge il sole, e quelli che abitano ad ovest, dove tramonta. E poi ci sono alcuni che vivono accanto all’isola grande in un’isola più piccola e sono in qualche modo meta-isolani.
Aspetto qualche commento in proposito per approfondire l’argomento.

Chi sarà il millesimo?

18 Marzo 2004
Il contatore si avvicina a 1000. Chi sarà il lettore n. 1000?

Hai mai ospitato un angelo?

19 Marzo 2004
Questo pomeriggio ho ricevuto una telefonata. Una persona mi chiedeva la possibilità di passare la notte da noi. Ho dato subito la mia disponibilità. Mi capita spesso di ospitare qualcuno – in genere persone in qualche modo conosciute, amiche o amiche di amici – e di farlo a volte su due piedi, all’ultimo momento. Mi piace molto, infatti, che la nostra casa sia aperta. Così oggi, dopo aver terminato la telefonata mi è tornata alla mente una frase, tratta dalla lettera gli Ebrei, che ho su una maglietta tra le mie preferite.
Dice così:

21 marzo (1983). Dedicato a Ezio Franceschini

20 Marzo 2004Nessun commento

Il 21 marzo di 21 anni fa, dopo una lunga malattia, nel primo giorno di primavera, è morto Ezio Franceschini. Dire in poche parole chi è sia stato è molto difficile. Non l’ho conosciuto personalmente, ma l’incontro con lui, ormai molti anni fa, ha lasciato una traccia profonda. Ogni tanto si fa di nuovo vivo nella mia vita attraverso le pagine dei suoi racconti, qualche evento particolare, qualche persona che mi riporta immediatamente a lui.
E’ stato un grande docente di latino medievale all’Università cattolica di Milano. Quando nel 1976, al compimento dei 70 anni, è andato in pensione, ha svolto una lezione magistrale, che è il bilancio della sua vita (pubblicata in un fascicoletto con il titolo “settantanni”). Sono pagine molto speciali e oggi mi piace riportarne qualche riga.

Cielo grigio e fiori

21 Marzo 2004

Marzo è davvero inconfondibile. Oggi, primo giorno di primavera, è stata una giornata fredda e grigia. Vivo molto intimamente il rapporto con il tempo, per cui il mio umore è in qualche modo condizionato dalle condizioni atmosferiche. Quando, come oggi, manca il sole, devo fare uno sforzo in più per “accendere” quel piccolo sole che c’è dentro di noi. In questo contesto di freddo (ma è un freddo primaverile, più “frizzante”) mi ha colpito la puntualità della fioritura degli alberi. Avevo notato in giardino già una settimana fa che il pruno stava diventando bianco per i fiori. Il fenomeno è stato in crescita, e oggi l’albero faceva bella mostra di sé. Una giornata in chiaroscuro, metafora di quasi tutti i nostri giorni. Forse non c’è sempre il sole, ma un albero fiorito puntualmente si deve solo scoprirlo.

Alla fiera

22 Marzo 2004

P.S.
Come ogni anno faceva un freddo terribile, soffiava un vento fastidioso e minacciava di piovere. La fiera è anche tutto questo.

Elogio della matita

23 Marzo 2004

Mi sono sempre piaciute le penne di tutti i tipi e colori, e da qualche anno prediligo quelle con la punta finissima. Tuttavia potrei vivere senza una penna, ma non senza una matita.
Per me la matita è lo strumento più bello che si possa desiderare per scrivere i propri pensieri su un foglio (meglio se un po’ ruvido e piuttosto grande). Non qualsiasi matita, però: non deve essere né troppo dura (lascia una striscia troppo sottile e in qualche modo graffia il foglio), né troppo morbida (scrive troppo grosso e bisogna fare continuamente la punta). La mia preferita è l’HB 2. In genere le compro a scatole di 12, dato l’uso che ne faccio. Mi piacciono soprattutto quelle rosse. Accanto alla matita, immancabili, mi servono due cose: una bella gomma, bianca, di quelle che cancellano alla perfezione (e durano una vita senza finire mai) e un temperalapis (di quelli che hanno un piccolo serbatoio per il legno temperato).
Mi piace proprio la matita, umile, che esce di scena quando si è ormai consumata (e non mi dò pace nel buttare quel piccolo residuo che mi ha dato tanta soddisfazione, provo ancora a temperarlo e a tenerlo in mano finché posso, a volte con lo scotch la unisco ad un altro pezzettino per usarlo ancora). Ha una sua vita al contrario: nasce lunga e muore corta.
Quando ero piccolo io, in prima elementare si imparava a scrivere con la matita (è ancora così?), la penna veniva molto dopo. Ho imparato a scrivere con la matita, come potrei mai rinnegarla? Che piacere scrivere su un foglio ruvido con la matita, e lasciare spazio alla fantasia: la mano corre veloce e un foglio dopo l’altro i pensieri si materializzano sul foglio.
Scambio due penne per una matita. Che sia HB 2 e smaltata di rosso.

Tariffa emigrante

27 Marzo 2004

Sono tornato questo pomeriggio da un breve viaggio in Sardegna. Soltanto tre giorni, ma molto belli e intensi. Mi sono capitate cose inaspettate e curiose, come conoscere da dietro le quinte un circo, ma anche altre più originali, come entrare dentro una soffice nuvola bianca (ovviamente con l’aereo), e alcune quasi ovvie, ma non per questo meno affascinanti, come vedere la Sardegna colorata di un verde intenso, in tante sfumature. Una immersione totale nel mondo dell’Isola, compreso il mare con il suo profumo forte salmastro.
Alla fine di tutto questo, mentre riprendevo possesso della quotidianità, mi è tornato alla mente il momento in cui sono andato all’agenzia a fare il biglietto, più o meno una settimana fa. Da circa un anno non sono più residente in Sardegna, per cui non ho più diritto alla tariffa “residenti”, ma – allo stesso prezzo – alla tariffa destinata a coloro che sono nati in Sardegna. Per questo motivo ho detto alla signorina che mi spettava la “tariffa nativi”. Come era già capitato l’estate scorsa (ma non me lo ricordavo più) la signorina, mentre guardava il terminale, mi ha elegantemente corretto: “tariffa emigranti”. Quella parola alternativa a “nativo”, mi ha colpito… non avevo mai pensato di essere un “emigrante”. Eccomi qui, invece, a far parte anche io di questa categoria di persone che hanno lasciato la loro terra quasi “costretti” da una causa di forza maggiore. Sono un emigrante anch’io. Non ci avevo mai pensato.

L’ora legale

28 Marzo 2004
Oggi sono passati appena cinque mesi da quando abbiamo risistemato le lancette sull’ora solare: l’ora legale, dunque, domina incontrastata, nonostante le solite polemiche di chissà quale associazione dei consumatori.
Mi costa svegliarmi un’ora prima al mattino, non sono mai stato un mattiniero. Eppure quest’ora di luce in più, alla sera, per me ha una grande fascino. Mi piace la luce, la chiarezza delle cose, la trasparenza. Vivo con un po’ di malinconia l’accorciarsi autunnale delle giornate, e con una partecipazione crescente l’allungarsi, da dicembre in avanti. Così oggi sono contento di questa prima giornata lunga, anche se ad un certo punto del pomeriggio non sapevo più orientarmi e solo l’orologio mi ha detto chiaramente che ora era (uno di quegli orologi intelligenti, che fanno da soli il cambio due volte l’anno).
C’è più luce, dunque. E’ il regalo (legale) che porta la primavera. Mi costa un po’, ma ne vale la pena.

La fantasia al potere

29 Marzo 2004

Questo slogan, uno dei più famosi del ’68, mi è tornato in mente questo pomeriggio, dopo aver avuto un interessante colloquio con un amico. Gli parlavo di alcune difficoltà che mi trovo ad affrontare tutti i giorni, soprattutto sul piano delle relazioni. Gli raccontavo di alcuni principi che seguo, e di alcune idee che mi sono fatto in proposito. Ciò che mi ha rimandato è stato più o meno questo: «In fondo, da come ti conosco, di fronte a situazioni problematiche del passato hai saputo trovare soluzioni non convenzionali e non stereotipate. Forse, a partire da queste tue risorse, anche ora ti basta solo un po’ di fantasia».
La fantasia al potere, dunque, o meglio, posso sperimentare il potere della fantasia, nel senso di creatività, di ricerca di soluzioni nuove, di “colpo di genio” che manda all’aria situazioni cristallizzate, di capacità di vedere le cose con uno sguardo nuovo, più leggero, più positivo…
Sarebbe, in certo modo, non vedere più la realtà in toni di grigio, ma a colori. E riscoprire che siamo noi a dare senso alla realtà che ci circonda, anche alla più difficile: è l’unico potere che abbiamo, ma quello più decisivo.

Correre i propri rischi (Pereira insegna)

30 Marzo 2004

E’ un pensiero che mi viene spesso, particolarmente in questi giorni. Vivere vuol dire rischiare, assumersi responsabilità, fare delle scelte.
Per questo uno dei miei personaggi preferiti – nel quale spesso mi identifico – è Pereira, il giornalista portoghese di “Sostiene Pereira”, scritto da Tabucchi.
Pereira, una persona moderata, rimasto vedovo, ad un certo punto della sua vita, grazie all’incontro casuale con alcuni giovani, fa una scelta decisiva e si oppone al regime di Salazar che sta prendendo il potere in Portogallo.
Non sempre si è eroi dalla nascita, come Pereira, tutti però possiamo ad un certo punto della vita fare delle scelte forti, alzare la testa, assumerci il coraggio di ciò che avvertiamo nella nostra coscienza.
Nel libro di Tabucchi il dottor Cardoso, spiega questo processo attraverso una teoria interessante, la “confederazione delle varie anime”.
Spesso i personaggi dei libri mi accompagnano e mi fanno in certo modo da specchio. E’ la bellezza della letteratura: l’universalità e la capacità di parlare a ciascuno contemporaneamente.

«Chi nasce rotondo non muore quadrato» (e viceversa)

31 Marzo 2004
La frase esprime sinteticamente la filosofia di vita di signora Giovanna, indimenticabile cuoca di S. Anna.
E’ capitato così. Sono andato al nuovo supermercato a fare la spesa. Un signore, un po’ anziano, che era accanto a me ha visto una bottiglia fuori posto e, guardandomi, ha iniziato un discorso di questo tenore: «Questi buzzurri non cambieranno mai! Possibile che si possa essere così disordinati? Chi nasce quadrato non muore rotondo».
Per quel gioco interessantissimo delle libere associazioni mi è dunque venuta in mente signora Giovanna, che veniva al lavoro in bicicletta, la sua frittata agli spinaci del lunedì, il budino senza forma, ma molto buono, lo spezzatino di gomma, immangiabile. E infine il complimento che mi faceva: «Tu sì, ci hai l’abilità». Ovvero mi considerava abile nel servizio in cucina.
Finisco il primo mese del mio blog con questa traccia. Un signore, una frase, una finestra che si apre, una persona che riappare. Sembra un film, invece è proprio la realtà.


Aprile

1 Aprile 2004

Mi ci vuole sempre un po’ di tempo ad abituarmi al nuovo mese: mi sembra che arrivi sempre troppo in fretta, quasi che non abbia fatto in tempo a gustarmi pienamente quello appena passato.
Aprile, però, è un mese particolare, e voglio godermelo fin dal primo giorno.
Anche Aprile è un mese corto, che passa veloce, anche a causa della Pasqua, penso, che lo carica di un significato in più: non può essere un semplice mese, come tanti altri.
Mi piacciono di Aprile le giornate lunghe, la pioggia primaverile, abbondante, un po’ fastidiosa quando si deve uscire, ma con una forza di vita e fecondità dirompente.
Mi piacciono anche i proverbi su Aprile: «Aprile, dolce dormire»; «Aprile, ogni goccia un badile» e, soprattutto, «Aprile, fiorisce anche il manico del badile».
Infine devo essere sincero. Nel giudicare questo mese sono di parte… è il mese nel quale sono nato. Qui sono le mie radici. Qui inizia e finisce il “mio anno”. Anche se ultimamente mi sono disaffezionato al compleanno (preferisco l’onomastico, il 30 novembre che, per una coincidenza cade sempre nello stesso giorno della settimana del mio compleanno) non posso rinnegare Aprile. Mi piace perfino pronunciarlo il nome di questo mese!
Aprile lo voglio vivere intensamente, giorno per giorno.

Le scarpe

2 Aprile 2004

Cose che capitano. Una volta ho comprato un paio di scarpe in un ipermercato. Erano degli scarponcini marron piuttosto comodi. Dopo averli usate diverse settimane, ad un certo punto mi sono accorto che le due scarpe avevano dei numeri diversi. Non si trattava però della differenza di uno o due… la destra era il solito 40, la sinistra addirittura un 45. Qualche giorno dopo mi trovavo di nuovo all’ipermercato e passando davanti allo scaffale delle scarpe mi sono accorto che era rimasta una scarpa spaiata… n. 45.
A volte mi capita di essere sbadato. Ma più in generale colgo le situazioni globali, e più difficilmente mi soffermo sui particolari. Anche la mia memoria funziona in questo modo.

Il tempo e l’imbuto

3 Aprile 2004

E’ passata anche questa giornata e questa settimana. E’ strano il nostro rapporto con il tempo, con le cose da fare, con le urgenze, gli impegni,il lavoro… A volte mi sento come in un imbuto. Il tempo, all’improvviso si restringe, ma le cose da fare sono tante, anzi sembrano aumentare in proporzione del restringersi della bocca dell’imbuto…
Mi sono svegliato questa mattina con la preoccupazione che mi viene in queste occasioni. Cercavo mentalmente un rimedio, così ho pensato di fare le cose una alla volta, una dopo l’altra, senza affanno.
Arrivo a sera piuttosto stanco, ma con tante cose fatte.
Ora ci vuole proprio una bella dormita.
Domani si ricomincia. Per me la domenica è giorno lavorativo.

1500

4 Aprile 2004
Il blog è arrivato a 1500 visite. Il numero è ovviamente in eccesso, considerate tutte le volte che sono io ad entrarci. In ogni caso, non mi sarei aspettato niente del genere un mese fa.
I numeri scandiscono la nostra vita, dai giorni del mese agli anni, dal costo del pane alla velocità della connessione internet…
Chissà perché abbiamo bisogno di contare ogni cosa. Forse è un modo di tenere sotto controllo la realtà, di dominare le cose, di orientarci.
Mi rendo conto che tendo sempre a contare le cose che ho davanti, soprattutto quando sto aspettando da qualche parte e il tempo non passa mai. Conosco una persona che raggruppa tutto ciò che gli passa davanti per nove.
Ma i numeri esistono davvero o sono una nostra invenzione?

Come le nuvole

5 Aprile 2004

Mi hanno sempre affascinato moltissimo le nuvole. Passerei delle ore intere a guardarle. Mi piace molto anche il brano di De André con questo titolo, e penso che prima o poi lo imparerò a memoria.
Questo pomeriggio, verso le sei, andavo in macchina per via delle Barozze (una via bella in tutte le stagioni), quando poi sono sbucato in via dei Laghi è apparso davanti a me il cielo coperto di nuvole. La giornata era bellissima e tiepida, ma le nuvole creavano un leggero velo, attutendo la forza del sole: c’era tanta luce, ma smorzata dalle nuvole. Ecco in quel momento ho pensato: oggi mi sento proprio così, come questo cielo, con queste nuvole, con questa leggera malinconia, con questa luce dentro che tuttavia è attutita da qualcos’altro che intuisco ma non so esprimere.
Mi ha fatto bene trovare nelle nuvole lo specchio della mia interiorità.

«Non esiste, io sospetto, frontiera»

7 Aprile 2004

Ho pensato di introdurre nel mio blog, ogni tanto, qualche brano tratto dai libri più belli che ho letto [quei brani che in qualche modo dicono qualcosa di noi].
Oggi tocca alla conclusione del racconto di Dino Buzzati “I sette messaggeri”.
«Non esiste, io sospetto, frontiera, almeno nel senso che noi siamo abituati a pensare. Non ci sono muraglie di separazione, né valli divisorie, né montagne che chiudono il passo. Probabilmente varcherò il limite senza accorgermene neppure, e continuerò ad andare avanti, ignaro.
[...]
Un’ansia inconsueta da qualche tempo si accende in me alla sera, e non è più rimpianto delle gioie lasciate, come accadeva nei primi tempi del viaggio; è piuttosto l’impazienza di conoscere le terre ignote a cui mi dirigo. Vado notando – e non l’ho confidato finora a nessuno – vado notando come di giorno in giorno, man mano che avanzo verso l’improbabile meta, nel cielo irraggi una luce insolita quale mai mi è apparsa, neppure nei sogni; e come le piante, i monti, i fiumi che attraversiamo, sembrino fatti di una essenza diversa da quella nostrana e l’aria rechi presagi che non so dire.
Una speranza nuova mi trarrà domattina ancora più avanti, verso quelle montagne inesplorate che le ombre della notte stanno occultando. Ancora una volta io leverò il campo, mentre Domenico scomparirà all’orizzonte dalla parte opposta, per recare alla città lontanissima l’inutile mio messaggio».

una giornata di corsa

8 Aprile 2004

Oggi: tipica giornata “a imbuto”, dove ci sono più cose da fare che tempo. Tuttavia, nonostante tutto me la sono cavata.
Partiamo da stamattina: mentre parlavo con una persona, in attesa di una telefonata e in procinto di andare urgentemente in banca… ecco che suonano alla porta: due rappresentanti. Cerco di essere gentile, di ascoltare senza troppa fretta, pur dicendo loro dei miei impegni. Me la cavo in mezz’ora, ma ormai i miei tempi sono tuttti sfasati. Corro in banca e… meraviglia, c’è solo una persona davanti a me, tanto che posso anche fare la gentilezza di far passare prima una signora.
Poi veloce appuntamento con un’altra persona, acquisto del pane di kamut senza lievito che mi mancava da giorni e finalmente pranzo velocissimo.
All’una e mezzo parto per Fiumicino: devo prendere un amico e accompagnarlo alla stazione Termini. L’attesa dura quasi un’ora. C’è tantissima gente, per cui mi rilasso ascoltando scampoli di conversazioni e osservando le persone che si incontrano di nuovo dopo molto tempo: baci, abbracci, pacche sulle spalle. Il tutto mi sembra bello e molto naturale, qualcosa di molto umano, la dimensione del “ritorno”.
Riesco ad accompagnare il mio amico al treno, rientrando in metropolitana leggo alcune pagine molto interessanti di Martin Buber. Arrivo alla macchina, ed ecco un’altra ora immerso nel traffico, in compagnia di Radio Capital e di una serie di pensieri ondivaghi. Arrivato a casa mi aspetta un ulteriore appuntamento. Il tempo di rilassarmi cinque minuti e sono di nuovo via. Ore 21.00 posso finalmente cenare. Arriva la solita telefonata imprevista. Sono qui a scrivere il blog. Anche questa giornata si è conclusa operosamente.
Domani è un altro giorno.

Venerdì Santo

10 Aprile 20041 commento
«E noi lo cerchiamo
e vorremmo che passasse
sulle strade
come uno di noi, e dietro
gli andrebbe perfino
la pietra in questo
bisogno d’amore
sensibile, in questa
tangibile fame».
David Maria Turoldo

Pasqua

11 Aprile 20042 commenti

Sono appena tornato dalla veglia pasquale. Sono contento.
Alla fine della celebrazione molte persone sono venute a salutarmi, così mi sono reso conto del rapporto che ormai mi lega a tanti conosciuti in questi anni. Spesso è un filo molto sottile, apparentemente invisibile, ma molto forte e profondo.
E’ misteriosissimo il legame che ci unisce agli altri uomini. E’ fatto di segnali molto sottili, di intuizioni, di partecipazione, di silenzi, di ascolto…
Attorno a noi si muovono infinite costellazioni, e noi a nostra volta siamo parte di infinite altre costellazioni, dove il centro cambia di volta in volta.
Non so bene cosa c’entri questo con la Pasqua. Eppure in qualche modo c’entra. Forse perché la Pasqua è un passaggio dalla morte alla vita, qualcosa che non avviene soltanto singolarmente, ma anche come umanità.
Per questo in questa notte mi sento solidale a tanti, partecipe del loro passaggio, qualche volta spettatore, altre volte compagno, talvolta misterioso angelo custode.
La cosa che mi affascina di più della Pasqua è la sua esplosione e potenza silenziosa. Nessuno se ne accorge, ma accade la realtà più sconvolgente e affascinante della storia. E’ bello questo silenzio discreto, rispettoso, umile… ma rivoluzionario.

Pasqua senza il sole

11 Aprile 20041 commento

Mi sembra strana questa domenica di Pasqua senza il sole. Stamattina, però, il prato del nostro giardino era particolarmente bello. La pioggia dei giorni scorsi ha fatto crescere l’erba e tante piccole margherite. Il ciliegio, poi, è in fiore e di giorno in giorno più candido.
E poi c’è la luce, che ormai ci accompagna fino a sera.
Non c’era il sole, ma oggi ho visto tanti segni di vita attorno a me.

Lucignolo

12 Aprile 2004Nessun commento

Sto ascoltando “Lucignolo”, un tema musicale del famoso film di Comencini “Le Avventure di Pinocchio”. E’ un brano evocativo, leggermente malinconico, ma solare. Dice molto bene come mi sento in questo momento.
La giornata volge al termine. Poco fa sono partiti Donatella e Antonello che hanno fatto la Pasqua con noi. Siamo stati molto bene insieme.
Oggi però, prima di tutto dentro di me, ho dovuto fronteggiare un fatto – uno di quelli che capitano nella vita e che fanno parte del mio “ministero”, dunque da mettere sempre in conto – E’ un fatto che richiede una presa di posizione, ma che prima di tutto devo risolvere dentro di me, per trovare la serenità necessaria a fare scelte giuste, orientate al bene e alla crescita di chi è implicato. Passerà una settimana prima di agire, e dunque le emozioni si saranno sedimentate e la ponderatezza prevalerà sull’istinto.
Mi rendo conto che il titolo di questo blog – nato per caso in quanto il mio lettore musicale è selezionato su “ripetizione casuale”… dice qualcosa anche del fatto che mi trovo a fronteggiare… Lucignolo, personaggio simpaticamente malandrino, eppure perdente, uno che in qualche modo ha sbagliato strada. Bisogna fare qualcosa per lui, non si può essere spettatore muti della sua disavventura. Con affetto, senza paternalismo, ma con determinazione e coraggio. Non si può vivere senza fare i conti con la realtà.

La città del sole

13 Aprile 2004Nessun commento

Sabato scorso, insieme ai miei amici Donatella e Antonello, sono stato alla Città del Sole, vicino alla chiesa di San Luigi dei Francesi, nei pressi di piazza Navona. E’ uno dei miei negozi preferiti.
Non avevo la possibilità di spendere molti soldi, comunque ho fatto alcuni acquisti:
- una farfalla di carta a molla che vola davvero
- un piccolo topo di legno giallo
- un prisma di vetro che rifrange la luce nei sette colori dell’iride (sono ormai parecchi anni che non ne avevo più uno)
- un’armonica a bocca (di quelle che da piccolo si compravano nelle bancarelle dei giocattoli per le feste)
Più tardi alla libreria Feltrinelli di largo Argentina ho trovato un minuscolo attrezzo per me molto utile: un “allunga-matite”, cannuccia nella quale si inseriscono i mozziconi di matita che così si possono usare fino alla fine.
In un altro negozio ho anche coprato una candela gialla al profumo di limone.

Le belle notizie

17 Aprile 2004Nessun commento
In questi giorni sono impegnato fuori casa, per cui ho lasciato un po’ respirare il mio blog.
Oggi però mi è successo un piccolo fatto che voglio segnarmi.
Ho infatti ricevuto una bella notizia.
Una certa situazione è andata nel modo migliore: c’erano dei rischi, invece tutto è andato benissimo.
La notizia mi ha fatto molto piacere, ovviamente, ma soprattutto mi ha confermato nella convinzione che il bene presto o tardi viene alla luce, che le persone hanno delle risorse che le superano. C’è una dimensione trascendente nella vita: la certezza mi viene non da grandi eventi, ma dalle piccole coincidenze e sfumature.
Tra l’altro questa notizia mi ha confermato nel momento di prendere una decisione impegnativa, dandomi fiducia e coraggio.
Il potere delle belle belle notizie!

Visita inattesa

17 Aprile 20041 commento

Oggi sono tornato a casa dopo tre giorni e mezzo di incontro.
Nel pomeriggio mentre sistemavo le mie cose, ho ricevuto una visita inattesa. Sono passati a trovarmi Rino e Tilde insieme al figlio e alla sua futura moglie. Sono stati molte volte miei ospiti, ora però si trovano qui vicino per una breve visita alla zia anziana di Rino, e hanno pensato di passare a salutarmi.
La visita, molto breve e semplice, mi ha fatto un “inaspettato” piacere. Non so bene perché… sarà per la cordialità di Tilde e Rino, per la loro “solarità”, accompagnata da una riservatezza tutta lombarda, sarà per la delicatezza del pensiero…
Sono belle queste amicizie nelle quali ci si dà ancora del lei, ma si prova vicendevolemnte stima e rispettoso affetto.
Ho già parlato in un altro post della rete delle relazioni umane, delle simpatie che si creano tra le persone in modi inattesi.
In questi contatti interpersonali emerge in modo positivo la capacità dell’uomo di solidarizzare. C’è l’istinto di sopravvivenza, della sete, della fame… nei piccolissimi emerge subito l’istinto all’”attaccamento”. C’è un istinto alla socialità e alla solidarietà, c’è un nucleo luminoso, trasparente, affabile in ognuno di noi.

Rassicurazione: è tutto ok

20 Aprile 20041 commento

Scrivo qualche riga di rassicurazione per chi si è preoccupato per me leggendo gli ultimi post.
Sto bene, e il fatto che scrivo lo dimostra. Le situazioni di cui parlo mi toccano certamente, in quanto fanno parte in certo modo del mio “lavoro”, il quale mi vede in servizio 24 ore su 24 in un contesto di relazioni umane piuttosto complesse.
Tuttavia… sono pur sempre situazioni fuori da me, altro da me, che intaccano la mia realtà in maniera a volte forte (per lo stress e la tensione di qualche momento), ma pur sempre esterna.
Come dicevo nel post precedente, il blog (come le relazioni umane – soprattutto le amicizie – che viviamo fuori dal contesto abituale) è un aiuto a compiere quel necessario distacco che aiuta a mantenere sempre (anche nel momento della tensione) la serenità e la pace di fondo.
Sono convinto che non possiamo permettere a nessuna situazione e a nessuna persona di toglierci la nostra felicità.
Quindi… tutto ok!
(“noi della banda dei cinque non abbiamo paura”: sto ascoltando in questo momento la sigla della Banda dei cinque cantata da Elisabetta Viviani, ecco,
“bambino vieni con noi, dai vieni con noi, segui la banda e se vuoi da cinque diventiamo sei”, io fin dalle scuole medie mi sono sentito il sesto della banda dei cinque… la vita è fatta di avventure non sempre piacevolissime ma sempre avvincenti).
Questo pomeriggio la situazione di cui parlavo negli ultimi post ha avuto un momento di chiarificazione (non si è però risolta ancora definitivamente). Ieri c’era stato un imprevisto.
Guardacaso, nel pomeriggio di ieri c’è stato un improvviso temporale con una pioggia minacciosa e torrenziale; oggi pomeriggio… una bellissima schiarita con tanto sole e calore.

Finalmente una sosta

23 Aprile 20043 commenti

Sono a Torino. Sono arrivato ieri notte, dopo un viaggio in treno appesantito da forti ritardi, per il matrimonio di due amici.
Gli ultimi giorni a casa – da lunedì fino a ieri a mezzogiorno – sono stati frenetici, un concentrato di fatti, decisioni, colpi di scena, forti emozioni, incontri speciali… mi sembrano settimane, mesi, invece sono solo pochi giorni. In alcuni momenti mi sembrava di essere in un film, invece era la realtà. Alla fine – ieri notte – mi sentivo come Harry alla fine del quarto libro quando, dopo gli eventi concitati delle ultime ore, ha solo bisogno di un sonno leggero, ristoratore, senza sogni, che gli viene offerto da Silente.
Oggi è stata una giornata di pace. Ho visto i miei amici, mi sento a casa qui a Villa Speranza, attorniato da silenzio, dal tepore di aprile, dai profumi forti, caratteristici di questa casa.
Fa bene essere per un po’ lontano da tutto. Ci vuole ogni tanto una sosta, un’occasione che ci porta fuori dalle situazioni di sempre.
Sono contento di questo giorno di pace, senza fretta, senza decisioni, senza squilli del telefono…

Le belle nozze

25 Aprile 20041 commento
Il matrimonio di Marco e Roberta è stato molto bello. Una giornata radiosa, in un posto splendido su una collina. Ma soprattutto erano gli sposi ad essere radiosi. Le nozze sono sempre un momento bello, ma non so perché, questa volta tutto mi è parso ancora più armonioso, trasparente, luminoso…
Oggi ho un altro giorno di sosta e di pace. Gli amici ritrovati dopo molto tempo sono il “di più” di questa mini-vacanza d’aprile.

Non auguri ma opere di bene

27 Aprile 20042 commenti
«E’ il vostro compleanno, ogni giocatore vi regala mille lire».
E’ il mio compleanno. L’assoluta indifferenza che mi provoca è inversamente proporzionale all’attesa che ne avevo da bambino.
Tuttavia, bisogna sopportarlo.
Come piace a me fare gli auguri agli amici e alle persone care, è un loro diritto farli a me.
Tuttavia per quest’anno ho un’idea specifica. Considerato che in questi giorni mi trovo potterianamente coinvolto in una lotta tra bene e male, tra verità e menzogna, mi piacerebbe oggi, piuttosto che ricevere auguri, ricevere “opere di bene”, preferirei dire “opere di verità”, nel senso che chi fa la verità per me favorisce sempre il bene.

28 aprile

28 Aprile 2004Nessun commento

Oggi è il 28 aprile.
E’ il compleanno di Fabrizio e di signora Paola (il 26 era il compleanno di Cecilia) auguri a tutti.
Oggi è “sa die de sa Sardigna”.
E’ un giorno caldo.
Oggi sono andato a Roma (a S. Alessio sull’Aventino) con la tipo bianca, e ho passato una bella ora seduto nel giardino che dà sul Tevere.
Oggi pomeriggio mi è venuto un bel mal di testa che ho fronteggiato con quindici gocce di novalgina.
Oggi ho preparato il materiale per un corso di formazione che dovrò fare sabato e domenica.
Oggi è stato un giorno di attesa.
Anche oggi ho fatto diversi colloqui, tutti chiarificatori e importanti.
Penso che oggi sia stato un giorno importante.
Oggi ho cercato di fare “opere di verità”.
Oggi sono ancor più convinto che l’attitudine alla verità e alla chiarezza sia irrinunciabile per vivere con pieno significato la nostra vita di uomini.
In sintonia con la giornata nazionale sarda sto ascoltando Piero Marras.

Ancora sull’attitudine alla verità

29 Aprile 20042 commenti

In questi giorni sono protagonista e spettatore di un lungo e complesso processo di chiarificazione che sta avvenendo attorno a me.
Essendo coinvolte delle persone, il processo è particolarmente delicato. E’ strano come ci sia bisogno di un lungo percorso per raggiungere come risultati quelli che – già in partenza – sono delle chiare evidenze…
La mia considerazione è che non tutte le persone sono abitutate a fare chiarezza, a cercare la verità di se stessi, delle relazioni, delle cose.
Si tratta di quella che ho chiamato “Attitudine alla verità”.
Ieri, dopo aver scritto il mio post quotidiano, mi sono ricordato che Romano Guardini scrive delle cose molto interessanti in proposito nel suo libro “Lettere sull’autoformazione”, dove la seconda lettera si intitola: “La parola verace”. Ho ricominciato a leggerla e ne sono rimasto di nuovo affascinato. E’ avvincente la verità. Occorre coraggio per volerla raggiungere, è scomoda, ci rimette continuamente in gioco perché va riconquistata di giorno in giorno (è fatto dinamico e non statico).

E’ finito Aprile

30 Aprile 2004Nessun commento

Ancora poche ore e questo Aprile sarà passato.
Un po’ mi dispiace, gli sono davvero affezionato.
Eppure va bene così, è il ciclo della vita.
Maggio è un mese di passaggio, un fratello di marzo, un ponte verso l’estate e le lunghe sere di giugno, uno dei mesi più intensi dell’anno.
Stamattina sono stato in biblioteca a restituire un libro e ne ho preso due, come al solito, lo faccio ogni mese, anche se non sempre riesco a leggerli.
Questa volta, tra le novità, mi hanno colpito due titoli: “Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno” [mi piace saperne di più sul tempo, i giorni e i mesi], e l’altro: “Cinematerapia. C’è un film per ogni stato d’animo”. Quest’ultimo è pensato per l’universo femminile, ma l’ho preso ugualmente, perché sono molto interessato al tema, tanto che mi sono già fatto una piccola videoteca in tal senso. Proprio domani, come parte del corso di formazione che dovrò tenere, ho previsto di far vedere un film (“Gente comune” di Robert Redford) per fare un lavoro sulle emozioni e le relazioni tra le persone. Tra i miei film di cinematerapia c’è anche “La vita è meravigliosa” di Frank Capra, e il film cinese “Non uno di meno”.
[Addio aprile
te lo dico piano, sottovoce,
non so dove tu vada ora,
forse andrai a fare da aprile
in un altro mondo,
forse in un'altra dimensione.
Cosa fanno i mesi negli undici mesi nei quali non lavorano?]

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