martedì 18 gennaio 2011

Chiudere i cerchi


Non mi sembra vero che siano passati ormai sei-sette anni da quando la dottoressa Dalla Morte, nelle sue lezioni molto coinvolgenti all'internoviziato dai padri pallottini, ci insegnava a "chiudere i cerchi".
La settimana scorsa ho voluto chiuderne uno.
Durante l'incontro al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, mi sono ritagliato un dopopranzo per andare silenziosamente a Grottaferrata. Ho preso l'autobus, sono sceso a Poggio Tulliano e ho ripercorso, a piedi, la strada fatta centinaia di volte. Con la macchina fotografica ho fissato quasi ogni momento. E ogni momento, ogni passaggio metteva a fuoco non tanto un ricordo del passato, quanto una persona. Così è stato davanti alla Virgo Fidelis, pensando a suor Maria Goretti, davanti alla casa del Giudice, le suore polacche, il Colonnello, i Gigli, Maria, Giuseppina, Giovanna... e poi Luigi e Antonello, le suore napoletane, don Raffello, Paola, Agostino, Bianca... Confesso che all'inizio mi batteva forte il cuore, ma la passeggiata, in un meraviglioso pomeriggio di sole, mi ha rasserenato.
E' stata una strana sensazione quella di arrivare a Casa Pino e di non poter più entrare, di saperla ormai abitata da altri. Ma nessuna nostalgia, piuttosto la consapevolezza di aver vissuto anni belli, di avere degli amici, delle persone care, alcune ancora vive, altre già nell'altra vita.
Mentre camminavo - sentendomi in qualche modo invisibile - pensavo a come sarebbe diverso se arrivassi a Grottaferrata oggi, come forse sarei più capace di amare la città, come desidererei entrare più in relazione con le persone: in quegli anni noi vivevamo piuttosto isolatamente, e l'apertura del cancello era stata una scelta importante, ma durata troppo poco per diventare incisiva.
Nessuna cattiva nostalgia, molta pace, e un cerchio chiuso.
Ora ci potrò tornare ogni volta che vorrò e potrò, ma sarà diverso.

lunedì 17 gennaio 2011

Di nuovo Underground


Nei primi tre mesi di scuola ho trascurato l'Underground. Raramente ho aperto la porticina di legno rossa che conduce a questo mondo "sotterraneo", preso come ero dalle tante realtà da avviare nel nuovo anno scolastico. Avvertivo però un vuoto: la mia assenza dall'underground mi impediva di essere completamente presente nel piccolo mondo della scuola. Prima di Natale, e poi nelle vacanze, mi è parso arrivato il momento di riaprire la porta: è di nuovo l'ora dell'underground. Neanche a farlo a posta contemporaneamente alla mia decisione alcuni ragazzi mi hanno cercato per riprendere a studiare insieme.
Così oggi, alle 14.30 la saletta sotterranea ha ripreso vita. Ed è accaduta una cosa un po' magica: aperta la porta, l'underground si è immediatamente ripopolata, quasi che - silenziosamente - tanti non aspettassero che quel momento. La vita è ripresa. Alle 16.30 sono andato via lasciando un bel gruppo di ragazzi a studiare. Quando sono ripassato, sul tardi, la porta era chiusa, la luce spenta, ma dentro tutto era in perfetto ordine.

lunedì 3 gennaio 2011

Ineke e Leo


Leo e Ineke mi hanno accolto nella loro casa. Una bella abitazione a Hendrik-Ido-Ambacht, una cittadina di venticinquemila abitanti a pochi chilometri da Rotterdam. Senza prevederlo, sono stato catapultato in un mondo prima di quel momento sconosciuto e inimmaginabile. Tra me e loro non c'era alcun legame, se non l'incontro di Rotterdam che aveva portato loro alla disponibilità ad ospitare due persone. Totalmente sconosciuti, nessun vero legame tra noi, ed io improvvisamente dentro la loro casa. Una situazione molto stimolante.
Per fortuna Ineke parlava un po' di italiano, per cui ci si poteva capire per le cose più importanti. Con Leo invece era più complicato.
Al primo impatto mi sono sembrati un po' impacciati, non abituati ad avere ospiti. Mi sembrava che non sapessero bene come comportarsi, nonostante la buona volontà di essere ospitali. Ed io non avevo molti mezzi per sostenere la conversazione e farmi conoscere.
Per alcuni giorni ho condiviso con loro la colazione, al mattino, e poi un po' di tempo la sera, davanti alla televisione. Giorno per giorno è accaduto qualcosa. Lentamente si è creato un legame, e queste persone mi sono apparse in tutta la loro originalità.
Ineke è una donna silenziosa, difficilmente sorride, è esile, ma piena di energia. Leo è un po' burbero, ma ogni tanto fa delle battute. La casa ha un grande salone al pian terreno, con due enormi finestre ai lati corti, ed è arredato con buon gusto: i quadri, i mobili, le candele, gli addobbi natalizi parlano di grande armonia e comunicano un senso di calore e benessere. Pian piano scopro che Ineke e Leo viaggiano per l'europa in roulotte, e ogni anno trasformano il viaggio in un libro fotografico. Così ho potuto viaggiare con loro, ripercorrendo i loro passi. Hanno due figli, dei nipoti, la mamma di Ineke, a 94 anni, è morta un mese fa. Forse per questo Ineke è un po' triste. Solo dopo i primi giorni scopro che Ineke è cattolica, mentre Leo è protestante, ma non c'è alcun problema tra loro per questo, in Olanda è la normalità.
Guardano alla tv programmi interessanti: un bel concerto la prima sera, un programma che ripercorre i mondiali di calcio per la nazionale olandese fino alla finale persa con la Spagna, un'altra.
Poi ho scoperto che le sculture che si trovano nella sala sono di Ineke che è un'artista. Lavora le pietre, la ceramica, ho osservato le sue mani e mi hanno dato il senso dell'operosità. 
Ineke cura anche una pagina sulla bibbia per i bambini (l'ora dei bambini) nel giornalino parrocchiale: lo fa da venti anni, mi ha mostrato tutte le puntate, mi ha colpito pensare che facciamo la stessa cosa (io preparo un foglietto tutte le domeniche: il vangelo dei ragazzi).
Ieri, prima della partenza, sono venuti a messa con me, nella chiesetta cattolica della città. Credo che in quel momento il legame tra noi sia stato in qualche modo "sigillato".
Credo poi di avere conquistato la simpatia di Leo, che mi ha manifestato con piccoli gesti la sua benevolenza, fino ad accompagnarmi il giorno della partenza all'autobus e salutarmi molto affettuosamente.
Non ho fatto nessuna foto della casa, di Ineke e Leo, ci ho pensato ma poi non l'ho fatto.
Questo veloce percorso dall'estraneità all'amicizia mi ha colpito molto e mi conferma nella mia idea che l'uomo è prima di tutto profondamente buono.

domenica 2 gennaio 2011

Ritorno da Rotterdam


Alle 7 del mattino, dopo un lungo viaggio iniziato alle 14 di ieri, attraverso l'Olanda, il Belgio, il Lussemburgo, la Francia, la Svizzera e l'Italia, sono rientrato in pullman da Rotterdam.
Giorni speciali, indescrivibili, e allo stesso tempo molto semplici.
Mi fa sempre uno strano effetto quando ho la fortuna di conoscere una nuova città: basta un giorno per sentirsene cittadini e, in qualche modo, appropriarsene.
Mi ero fatto alcune idee su quest'esperienza, e come capita spesso, tutte le mie aspettative sono state disattese. Il primo giorno, mentre aspettavo che la famiglia che mi ospitava venisse a prendermi, dopo il lungo viaggio di andata, e dopo lo smembramento in due del nostro gruppo (mi ero fatto l'idea che saremo stati insieme tutto il tempo), ho avuto un attimo di sconforto. Mi sono chiesto cosa sarebbe successo in quei giorni di incontro: le cose sarebbero andate bene, come quasi sempre mi è capitato, o questa volta no, sarebbe stato un fallimento? C'è sempre un momento di incertezza nelle nuove esperienze, occorre un piccolo salto in avanti, nel buio... La risposta è arrivata già la mattina dopo: tutti i ragazzi erano contenti. Ora posso dire che è stato un bene che le mie aspettative siano state disattese: mi ha permesso di vivere questi giorni con una apertura diversa.
La comunità di Taizé non mi ha deluso. L'incontro era preparato molto bene, nei dettagli, eppure non è mancato neanche questa volta l'incontro personale, mi colpisce questa intenzione - che si fa realtà - di raggiungere le persone singole. Certo a Taizé è più facile, i numeri, per quanto grandi, si fermano a qualche migliaia. Qui eravamo 30.000, ma lo spirito era lo stesso. La sera del 31 sono stato cercato per telefono nella casa dove ero ospitato: mi veniva chiesto di celebrare la messa, il giorno dopo, nel paesino attorno a Rotterdam dove ero ospite. Una piccola cosa, ma un segno di "personalizzazione".
Ho scritto in fondo poche cose. In altri post ne scriverò delle altre, spero, ma il segno più grande di questo incontro è la pace profonda, il benessere da cui mi sono sentito investito, il legame profondo che sento con i miei 7 compagni di viaggio, e con tutti gli altri. E' stato bello condividere alcune di queste impressioni con A., alla fine della mattinata, in sacrestia, è una persona conosciuta da poco tempo con una storia particolare, e con una capacità non comune di entrare in profonda sintonia.